Così le carriere tradizionali si trasformano in percorsi tortuosi

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La carriera è una strada per i carri. È segnata ed è sufficientemente spaziosa. È una pista, qualcuno l’ha disegnata per noi. Si cammina, con fatica, ma si ha comunque la sicurezza che facendo le cose per bene, seguendo il tragitto, restando negli argini si arriva in vetta.

http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/management/2018-03-06/cosi-carriere-tradizionali-si-trasformano-percorsi-tortuosi-171030.shtml?uuid=AEwVLOCE

Per questo motivo oggi quando guardiamo alle imprevedibili evoluzioni delle nostre traiettorie professionali non possiamo più parlare di carriera, dobbiamo invece parlare di viaggio professionale. Si cresce in un’azienda, poi ci si mette in proprio, poi si trova un socio, poi si cambia socio, poi si liquida la società e si ritorna dipendenti, poi si cambia ruolo, poi si cambia città. Nel mercato del lavoro non ci basta più essere camminatori resistenti che con lo zaino pesante seguono il tracciato fino alla meta. Dobbiamo invece essere strateghi, capace di cogliere i cambiamenti, anticiparli, guidarli se possibile.

Ogni viaggio è tale perché pieno di imprevisti. Nei limiti del possibile dobbiamo abituarci a prevedere l’imprevedibile, fin dagli studi. Una volta era meno importante avere risposte pronte e piani B, perché i cambiamenti di lavoro e di lavori erano molto più rari e più lenti. Oggi i mercati in cui lavoriamo chiedono alle persone e alle organizzazioni di adattarsi in un attimo ad autentici stravolgimenti. Non sempre è facile, non sempre è possibile. Ecco dunque che acquisire «la mentalità del piano B» diventa fondamentale. Mentalità del piano B non significa solo sapere che se crollano le vendite dei libri cartacei ci dedicheremo agli ebook, ma preparare il passaggio agli ebook mentre le vendite dei libri cartacei vanno ancora bene. Non si tratta quindi semplicemente di sapere che se chiude il centro di ricerca dove lavoro come chimico mi toccherà fare il venditore di prodotti chimici. Si tratta di maturare per tempo sensibilità e competenze commerciali.

In sintesi bisogna saper giocare d’anticipo. Non solo immaginare una «exit strategy», ma compiere azioni concrete che rendano quella exit strategy percorribile in tempi molto rapidi. Concretamente bisogna mettere il naso fuori dal nostro ufficio, ascoltare come si muovono le persone intorno a noi, imparare a osservare come cambia la città, la regione, il settore, il modo di produrre, di vendere e di comprare. E poi agire: un corso di formazione che il mio lavoro/percorso di studi non richiederebbe, un colloquio di lavoro con un cacciatore di teste anche quando il mio attuale lavoro mi piace tantissimo, un viaggio per una fiera/congresso a cui nessuno mi obbliga ad andare, una giornata ad aiutare/osservare un amico/parente nella sua attività.

Come mettere a fuoco queste alternative? Ce lo spiega Lorenzo Cavalieri, Managing Partner della società di consulenza e formazione Sparring, su Il Sole 24 Ore

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Chiara Ripamonti

Chiara Ripamonti

Assistente virtuale, online Office Manager e Business Development specialist